Analisi inverno 2011-12

Ritratto di Conrad
Pubblicato Lunedì, 26 Marzo, 2012 - 21:45 da Stefano "Conrad" Massini

Ora che la stagione è terminata, possiamo analizzare in questo meteo speciale l'inverno 2011-2012, un inverno decisamente interessante, poichè ha alternato fasi calde e secche a fasi gelide e nevose. Inoltre ha visto in alcune zone del centro nord la più imponente nevicata degli ultimi 30 anni

In generale, febbraio a parte, è stato un inverno mediamente caldo e siccitoso, in particolare nel nord Italia.  Più fresco e perturbato per le zone del centro sud bagnate dal Mar Adriatico. 

Già durante l'autunno, molti esperti nelle previsioni stagionali avevano segnalato la possibilità che questo inverno non sarebbe stato particolarmente freddo, anche se nessuno poteva prevedere il gelo intenso di febbraio.

Vediamo le condizioni tardo autunnali che hanno in parte determinato il tempo per l'inverno.

Queste condizioni, alcune delle quali decisamente lontane dall'Europa, sono decisamente importanti per valutare la circolazione generale dell'atmosfera, che poi è la grande madre che regola il tempo sulla terra.

Per i più questa sembrerà una trattazione abbastanza complicata, è sufficiente sapere che effetti importanti sulla temperatura dei mari, sulla circolazione dei venti in stratosfera e sul ciclo solare possono influenzare le condizioni generali del tempo per un'intera stagione.

Vediamo quindi le condizioni generali autunnali che hanno aperto l'inverno 2011-12:

  • nina in oceano pacifico, ovvero raffreddamento anomalo dei mari del sud pacifico (peraltro il secondo in due anni) che determina, soprattutto se continuativo, un rinforzo della zonalità e quindi una corrente a getto più forte e un vortice polare più compatto e ancorato allo stesso polo nord (AO+) con meno irruzioni fredde alle basse latitudini, oltre che una minor probabibilità di riscaldamenti anomali della stratosfera (stratwarming).

  • QBO inizialmente positiva (neutra-negativa soprattutto in media stratosfera da gennaio). La QBO è un indice che misura i venti in area tropicale nella stratosfera. È dimostrato che una QBO+ (con venti da occidente a oriente paralleli alla rotazione terrestre) tende a rinforzare la corrente a getto e la zonalità (AO+) e quindi anch'essa a mantenere il freddo a nord.
  • flusso solare costante, con forti picchi autunnali. La quantità di energia sprigionatq a dalle macchie solare influenza la circolazione atmosferica sia per quanto riguarda la quantità di calore che giunge al nostro pianeta, sia per quanto riguarda la formazione di nuvolosità (per mezzo del campo magnetico terrestre). Come si nota dall’immagine, il flusso solare ha avuto un andamento costante fino a dicembre, con picchi evidenti.

Tutti questi elementi facevano presagire a un tardo autunno e inizio inverno caldo e secco, come in effetti è stato.

Poi qualcosa è cambiato, e come sempre qualunque analisi meteorologica che va al di là dei 15 giorni riserva forti sorprese.

Per semplificare la trattazione divideremo la stagione invernale in quattro macro-fasi che ben ne esemplificano le differenze della struttura barica  (e quindi del tempo). Per ciacuna andremo poi a analizzare le cause.

PRIMA FASE: TARDO AUTUNNO CALDO

La fase tardo-autunnale che analizziamo (e che normalmente fa già parte dell'inverno meteorologico) va dal 20 novembre a fine anno circa.

Questo periodo è stato caratterizzato da caldo e secco, con una forte zonalità che ha determinato numerose irruzioni calde da parte dell'anticiclone delle azzorre che si é stabilito quasi perennemente sull'Europa, lasciando le perturbazioni (e il freddo) ancorati stabilmente sul nord Europa.

Nessuna ondulazione planetaria di rilievo ha determinato importanti entrate di origine atlantica o artica con le perturbazioni fredde e piovose al seguito.

Questa carta è rappresentativa di quanto è successo da metà novembre all'ultima settimana di dicembre.

Questa configurazione è stata determinata in gran parte da un raffreddamento anomalo della stratosfera (la porzione di atmosfera che va dai 12 ai 50 km). Questo raffreddamento ha generato un aumento della zonalità in stratosfera (NAM+) che si è prontamente riversata anche in troposfera attraverso una corrente a getto più forte e quindi ad un vortice polare decisamente compattato sul polo (AO+) con, alle basse latitudini, un continuo spanciamento anticiclonico (NAO+) portatore di caldo e secco.

SECONDA FASE: FREDDO AL CENTRO SUD ADRIATICO E CALDO A OVEST

Da fine anno le condizioni cambiano. La spiccata zonalità viene interrotta in sede stratosferica da piccoli ma decisi riscaldimenti (stratwarming, in particolare sulla verticale della zona canadese) che hanno rallentato il getto provocando le prime e spesso intense ondulazioni planetarie con un anticiclone delle azzorre che inizia a salire verso nord (NAO-) e un vortice polare che disturbato scende verso sud (AO-).

L'asse di risalita dell'anticiclone delle azzorre è però potratto verso l'Italia occidentale, motivo per cui le discese fredde colpiscono maggiormente i balcani, la grecia sfiorando a più riprese il sud Italia (notoriamente piovoso in inverno) e le zone adriatiche.

Questi primi cambi circolatori anche se non hanno determinato condizioni di freddo intenso, hanno gettato le basi per quella che verrà ricordata come la più fredda irruzione degli ultimi 30 anni.

TERZA FASE: IL GRANDE GELO SIBERIANO SULL'EUROPA

La storica irruzione fredda di febbraio 2012 ha tre importanti concause:

  • il lieve ma continuo riscaldamento in sede stratosferica visto in precedenza
  • un continuo forcing dell'anticiclone delle azzorre verso il nord, un anticlone di blocco fortissimo proteso verso la scandinavia con radice sub tropicale ben salda
  • l'anticiclone termico russo siberiano stabilmente posizionato per settimane sulla russia continentale.

Se abbiamo già spiegato nei nostri speciali le prime due variabili, spendiamo qualche parola in più sulla terza concausa, probabilmente la decisiva per la discesa fredda di febbraio.

L'anticiclone russo siberiano è, a differenza dell'anticiclone delle azzorre (detto anticiclone dinamico), un anticiclone termico, nasce cioè dal raffreddamento degli strati prossimi al suolo della colonnina d'aria. L'aria divenuta freddissima aumenta di peso e genera quindi una massa d'aria pesante che risulta poi all'origine dell'area di alta pressione. L'anticiclone russo siberiano era abbastanza comune fino agli anni novanta, mentre successivamente la sua formazione è risultata decisamente più rara, tanto che erano diversi anni che non faceva capolino nelle sue zone di origine.

Vediamo dalla carta della pressione al suolo l'area di alta pressione posizionata sulla russia.

Il forcing a occidente dell'anticiclone delle azzorre e dell'anticiclone russo a oriente ha determinato la discesa di tutta quella massa d'aria siberiana (che stazionava proprio all'interno della zona anticiclonica russa) legata al contemporaneo distacco di un lobo importante del vortice polare che nella sua discesa verso sud ha generato l'instabilità che ha portato le profonde nevicate sul centro-nord Italia.

D'altronde i 3 metri di neve nelle marche e romagna, le minime a due cifre sottozero al nord sono ancora lucidamente nelle nostre menti di appassionati.

Per chi non lo avesse letto, segnalo lo speciale sulla nevicata storica di questo febbraio con spiegate tutte le successive ondate di maltempo che hanno caratterizzato il periodo.

QUARTA FASE: RITORNO A CONDIZIONI ANTICICLONICHE

Dopo l'abbuffata di freddo l'anticiclone delle azzorre torna a fare capolino. Questo spiega il fortissimo sbalzo termico che si è avuto in pochi giorni tra le condizioni di gelo e quelle miti di stampo atlantico.

Questo pattern non ha poi abbandonato le nostre regioni, se si escludono alcune brevi e poco intense perturbazioni di origine atlantica che hanno intervallato le lunghe fasi di bel tempo di fine febbraio e marzo 2012.

Probabilmente negli annali questo inverno 2011-12 verrà ricordato come uno dei più freddi dell'intera storia recente della meteorologia e, per alcune regioni, anche uno dei più nevosi.

In questa sede abbiamo verificato come la pausa intensissima di febbraio è stato un episodio geldo in un contesto invernale generalmente caldo. Non deve però stupire quest'ultima considerazione, molti degli episodi freddi del secolo scorso sono configurabili proprio come intense pause invernali.

Numerosi studiosi di climatologia stanno analizzando questi ultimi 4 anni che hanno determinato un ritorno a climi precedenti alla lunga fase di global warming che ha segnato il clima dalla fine degli anni '90.

Il dibattito rimane aperto, come saranno gli inverni dei prossimi anni? E più in generale il clima è ormai avviato ad un aumento generalizzato delle temperature globali oppure qualcosa si è cambiato e queste sono avvisaglie di un nuovo ritorno ad un clima generalmente più fresco?

Come sempre ricordo che è impossibile esprimersi su un'analisi generale dei cambiamenti climatici di anno in anno, l'arco temporale di studio deve essere infatti almeno decennale. Solo il tempo quindi potrà rispondere alle domande poste in precedenza.

Per chi avrà avuto la costanza di leggere tutto lo speciale rimane il bagaglio iportante di studio di questo inverno, che confronteremo con le altre stagioni e gli inverni passati e futuri per monitorare costantemente ogni modifica del clima e spiegarvela, per quanto possibile, nella maniera più semplice possibile.

PS: ringrazio Kromo per l’aiuto nell’analisi di questo inverno. 

PPS: Invito coloro che sono interessati e vogliono capire più riguardo alle dinamiche teleconnettive e stratosferiche a commentare ponendo domande qui, sotto l’articolo o sul nostro forum.

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